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venerdì 29 gennaio 2010

Storielle Grottesche - 2

Vi racconterò di come sia caduta la millenaria nazione della grande pianura, a est del Fiume Bianco.

A quel tempo, avendo attraversato secoli e secoli di governo pacifico, lo stato era a tal punto gravato da regolamenti, leggi intricate e burocrazie insensate, da non lasciare nemmeno un respiro di libertà al suo popolo: non c'era situazione che non fosse regolata, e ogni azione aveva un determinato premio o punizione nei Codici.

Il Re da tempo piangeva la miseria dello spirito della sua nazione; ma non poteva far nulla, perchè le leggi non permettevano al Re di abolire la Legge.

Col passare del tempo egli cadde in una lunga e straziante malattia, e quando sentì approssimarsi la fine, decise che avrebbe posto termine a una simile follia, non reputando più egli la Legge una cosa al di sopra degli uomini, bensì a loro servizio. Chiamò il sommo poeta del Regno, che era a servizio presso la sua corte, e gli ordinò di riscrivere le leggi usando la sapienza della sua Arte.

Al poeta servì una sola notte a riscrivere gli innumerevoli volumi dei Codici: al sorgere del sole presentò al Re un foglio sul quale v'era scritto con veloci svolazzi la nuova Legge.

Passati due mesi, il paese era nel caos: i morti giacevano nelle strade e nelle piazze, la carestia bruciava i campi, e nessuno lavorava per porre rimedio al disastro; fu così che con la morte del Re venne meno anche il Regno: ma le ultime parole del monarca furono di approvazione per il lavoro del poeta.

Il giorno dopo il Regno divenne una delle province dell'Impero, e l'Imperatore in persona, in visita alle nuove terre, volle vedere l'artefice di tanto delirio.
Quando vide il poeta, gli chiese soltanto che cosa avesse sbagliato nel riscrivere le leggi; "nulla" fu la risposta.

Da allora il poeta divenne il Sommo Poeta dell'Impero, a servizio alla corte dell'Imperatore: ma questi impose alle Leggi del Poeta il sigillo del fuoco.

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