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sabato 23 gennaio 2010

Digitus impudicus

 Conosciamo tutti il gesto osceno del dito medio - mostrare il dorso della mano col dito medio aperto ed esteso verso l'alto, ed il resto delle dita chiuse.
Possiamo dire che ai giorni d'oggi questo gesto sia diffuso pressoché ovunque nel mondo. Le sue origini sono molto antiche: veniva già usato nel teatro greco per insultare le persone; ne racconta Marziale nei suoi epigrammi, ed anche lo storico Svetonio; nei paesi del mediterraneo era usato anche per allontanare il malocchio.
E chiaro che, per espandersi tanto in largo e durare così a lungo nel tempo, un gesto deve possedere una sua radicazione intrinseca nella psiche umana. Ad esser poco seri potremmo dire che il digitus infamis è una forma di magia che ancor oggi funziona: vediamone dunque, attraverso una lente ingrandente e distorcente, i meccanismi.

Il gesto in questione, di per sé, è un insulto: ma ad osservare bene, vediamo che è un insulto volto ad una controparte che già in precedenza ci aveva insultato, infastidito, messo in discussione; il nostro linguaggio descrive alla perfezione questo stato: essere "sotto attacco".
Le risposte ad una manifestazione di aggressività sono essenzialmente due: la sottomissione o il ricorso ad una contro-aggressione; nel corso delle ere quest'ultima si è sviluppata in una forma ritualizzata (che di per sé rimane un atto aggressivo)- una dimostrazione di potenza superiore volta a risolvere la questione fra le due parti senza danni fisici, pur basandosi sulla forza.

Chiameremo agente colui che compie il gesto, e vittima l'oggetto a cui questo è indirizzato.
L'agente che si trova simbolicamente sotto attacco risponde, dunque, con una contro-aggressione ritualizzata: ordinariamente questa si traduce nell'alzare i pugni, nell'approntare la spada all'attacco (già i scimpanzé alzano il braccio minacciando con un bastone); in generale nell'aumentare la parte apparente della forza di un individuo.
Come dimostrazione di forza virile è molto diffusa l'esibizione del pene eretto: ritroviamo un comportamento simile negli ursoni, negli aguti, nelle lepri della Patagonia, dove al gesto si accompagna anche l'emissione di orina - lo ritroviamo anche nelle scimmie scoiattolo, negli uistitì, cercopitechi, babbuini, nasiche e in molte altre scimmie. Seguendo l'evoluzione di questo comportamento, possiamo ricordare gli astucci fallici dei Papua, l'uso apotropaico del simbolo del pene, lo stupro per spregio dei nemici in guerra (qui manifestazione di superiorità gerarchica), ed una miriade di altre ramificazioni del simbolo: infatti nel pensiero simbolico la spada ed il bastone, il pugno ed il fallo virile sono declinazioni dello stesso simbolo.
Così quello che nella mente dell'agente è un aspetto non ancora determinato del simbolo sopramenzionato si concretizza nel segno del dito, l'idea del gesto osceno ancora nel livello del pensiero; quindi passa al livello materiale attraverso i muscoli del braccio e delle mani (e questo è uno dei casi più palesi in cui il pensiero riesce a muovere la materia); in questo modo il simbolo del pene si incarna nella mano, e l'associazione con il bersaglio si incarna nel braccio puntato verso l'obiettivo.
La vittima che vede il gesto osceno rivolto a sé poi lo ricompone al suo livello simbolico (ancor meglio: ricompone ad un immagine la luce che dalla mano si riflette colorandosi, e fa di quest'immagine un simbolo); quindi, sotto l'influsso del simbolo, cade in quel sentimento di irritazione che il praticante voleva infliggergli. Qui sta il fulcro della magia: la mente della vittima cade nel stato voluto obbedendo ad un automatismo, anche contro la propria convenienza (di per sé è uno stato indesiderabile) e persino qualora la volontà cerchi di opporvisi.

Riassumendo, abbiamo così i seguenti passaggi:
interiorizzazione dell'aggressione -> risposta istintiva -> risposta simbolica -> manifestazione del simbolo -> trasmissione del simbolo attraverso la sua immagine -> ricezione dell'immagine e 'ricostruzione' del simbolo da parte della vittima -> azione del simbolo sulla vittima

Va detto che dopo la spinta iniziale della volontà di controbattere l'offesa, tutto il resto della comunicazione agisce a livello inconscio (e si può dire, specie per casi simili, che anche la volontà è spinta sia dalla coscienza che dall'inconscio) - in special modo l'ultima parte, nel quale il simbolo esplica la sua azione sulla psiche della vittima.

Il simbolo viene anche sovradeterminato mediante l'associazione del lato negativo del simbolo del pene (vedi 'sei un pirla', 'you are a dick', 'testa di cazzo', 'minchione', ecc...) con la vittima - associazione simbolica che segue lo stesso iter del simbolo precedente, e da cui in fondo è probabilmente indistinta ed inseparabile (si potrebbe dire che sono i due poli del significato del termine 'offesa')

E' da notare infine che la magia ha effetto verso due direzioni: infatti oltre ad indisporre la vittima gratifica l'agente, dando alla sua ira o al suo malcontento l'opportunità di uno sfogo verso l'esterno; tant'è vero che essa ha tale effetto sul praticante anche qualora la sua vittima non riceva il gesto.

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