Per ingannar l'attesa fra un post e l'altro

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lunedì 29 ottobre 2012

Un'interpretazione mistica & cristiana della canzone "Tre parole" di Valeria Rossi

Ben pochi se ne sono accorti, ma il ritornello di questa famosa canzone parla del rapporto d'amore fra Dio e gli uomini, attraverso cui l'anima umana viene salvata dal peccato.
Analizziamo, scendendo fra le righe:

Dammi tre parole
Sole, cuore, amore

Il sole è la luce superiore della Divinità; il cuore è il Vas Electionis che all'interno dell'uomo riceve e riflette la Luce Divina, il microcosmo in cui si rispecchia il macrocosmo. L'amore è la via che connette entrambi, Eros ed Agape quale forza d'attrazione fra il Regno Celeste e quello terrestre.

Dammi un bacio che non fa parlare
Queso passo si riferisce all'Unio Mystica fra l'Amato e l'Amante, così come descritta nel Cantico dei Cantici. Non fa parlare, perchè non è possibile descriverla nè trasmetterla con le comuni parole, ma l'unico modo di conoscerla è soltanto tramite l'esperienza mistica diretta e personale.

È l'amore che ti vuole
L'uomo non può salvarsi da solo dallo stato in cui è caduto in seguito al peccato originale; è Dio che lo salva, e Lui soltanto, sollevandolo a Sè con il dono della grazia. 

Prendere o lasciare
Accettare la chiamata divina significa abbandonare le cose di questo mondo, le sue promesse e le sue lusinghe: non si può servire allo stesso tempo Dio e Mammona!


Stavolta non farlo scappare
Una volta, ed una volta soltanto il Figlio di Dio è venuto nel mondo, per darci la sua lieta novella: poveri coloro che non sanno cogliere al volo il Suo messaggio di speranza! Perchè la seconda venuta del Figlio di Dio sarà terribile, e Lo verdà nella veste di giudice: allora sarà troppo tardi per pentirsi e convertirsi!

Sono le istruzioni
Per muovere le mani

La via per la salvezza passa attraverso la preghiera: le due mani che si congiungono sono la prefigurazione della congiunzione del cuore umano con il sole, la Luce suprema divina!

Non siamo mai
Così vicini

Il Corano recita in un suo passo che "Noi siamo a Lui più vicini della sua vena giugulare". Dio non è distante ed indifferente: siamo noi che Lo chiudiamo fuori dal nostro cuore, voltandogli le spalle! Ma Egli è sempre pronto al perdono: basterebbe chiederlo, e Lui tornerebbe a donarci la Sua calda e santa Luce!


Ovviamente anche le strofe parlano del medesimo tema:

C'è solo una cura
Come abbiamo già detto, l'uomo non può salvarsi da sè: una simile presunzione è la fonte prima della attuale decadenza morale che affligge la nostra società. Non c'è salvezza se non quella che proviene da Dio, per il tramite della Santa Madre Chiesa.


Io so che lo sai
È una stanza vuota
Io mi fiderei

La stanza vuota è il cuore: non basta che la fede per riempirla con lo Spirito Santo!


Bravo puoi capire
Cose che non sai
Sei il tuo guaritore
Sei nel tuo mondo

Una volta ricevuto in sè lo Spirito Santo, la nostra limitata percezione viene offuscata dalla stessa Saggezza Divina: come una candela in pieno giorno, come i fiochi lumi delle stelle che scompaiono quando sorge il sole.
E' Cristo il guaritore che ci purifica dalla macchia del peccato; ed è portandolo nel nostro cuore che possiamo guarire noi stessi.


Parla a voce bassa
Spiegami che vuoi
Sai ne è pieno il mondo
Di mali come i tuoi
Slacciati la faccia
Arrabbia gatto che
Gioca con la buccia
E gira in tondo

Questa strofa parla all'uomo che chiude a Dio il suo cuore, e crede di poter vivere ed essere felice con le sue sole forze nel mondo della materia.
Ma il nostro corpo, e il mondo terreno, non sono che buccie, scorze secche avvolte attorno allo spirito. E' inutile arrabbattarsi ad inseguire le miserie del regno terreno: non si fa altro che perdersi in un labirinto, e vedere il male ovunque.

L'ultima strofa ci ricorda che l'uomo è l'intermediario fra il cielo e la terra, e che fra i due regni corre così poca distanza quanto lo spessore d'un velo; e alla morte del Redentore, non si è forse squarciato il velo del tempio, come se fosse stato attraversato da un fulmine?
Tra la terra ed il cielo
In mezzo ci sei te
A volte è solo un velo
Un giorno, un fulmine

Infine, ci viene ricordato che l'aiuto divino non è una cosa che ci spetta, che ci è dovuta, ma anzi bisogna meritarsela:
Sei dato dato dato
Avuto avuto avrai
Oggi ha già piovuto, dove sei?


La pioggia, in quanto dono di fertilità per i campi che discende dal cielo, raffigura la generosità di Dio: lui ha già fatto il primo passo verso di noi, ma adesso spetta a noi rispondere!

giovedì 1 dicembre 2011

I pasti del serpente (compimento e rottura)

Agli occhi del pensiero simbolico il numero dodici è un cerchio.

Ma ogni cerchio è anche un movimento circolare; e quindi il dodici è anche la chiusura di un ciclo di tempo, il compimento di un periodo.


Il dodici è la stabilità raggiunta, un sistema che trova il suo equilibrio completo. Ma il raggiungimento di tale equilibrio comporta una rottura dello stesso: il tredici allora è il frutto maturo che si spacca cadendo, per lasciare i semi che conteneva alla terra. Il tredici non è un aumento rispetto al dodici, ma il suo stadio successivo, ch'è piuttosto una perdita, una rottura del cerchio ch'era il dodici.Dovete sapere che se Dio creò il pianeta Terra come una sfera è per contenervi il serpente, una cella di prigione dalla quale è impossibile evadere, simile ad una bolla di vetro.



Anche nella storia dell'umanità vale lo stesso principio: quando il dodici è raggiunto c’è un periodo di calma, e pace, che però è anche l’attesa d’una catastrofe.
La catastrofe è il risveglio del serpente: spinto dalla fame trascende la sfera in cui riposa incatenato, e salirebbe sulla superfice, se Dio non gli desse in pasto sufficiente sangue umano; allora il serpente si sazia, lo coglie la sonnolenza della digestione e se ne torna a dormire per un po’.
Ogni giro che una lancetta dell'orologio conclude è una goccia che disseta il serpente; sommate tutte assieme esse compongono il fiume chiamato Tempo, ma esso non è che un piccolo bicchier d'acqua se confrontato con la sete dell'immonda serpe.
Nella Bibbia i dodici figli di Giacobbe simboleggiano proprio uno di questi limiti storici: i dodici figli sono dodici tribù, dodici guardiani che sorvegliano in circolo il temibile serpente. Ma il cerchio venne spezzato, Giuseppe venne venduto dai suoi fratelli: ciò diede una via di fuga al serpente, uno spiraglio nel cerchio, che culminò nel sontuoso banchetto divino dello sterminio dei primogeniti in Egitto.
Badate però che il risveglio della fame del serpente e la rottura del cerchio non sono due cose distinte; non è l'una a causare l'altra, o viceversa, ma sono due manifestazioni del medesimo simbolo.
Nel nuovo testamento possiamo vedere come il figlio di Dio si fosse scelto dodici apostoli, dodici guardie del corpo per creare un circolo di difesa attorno alla sua Persona; fu il tradimento di uno d'essi a consegnare il Suo Sangue al serpente.
E' un mistero carico di crudeltà divina: era necessario che il sangue dell'agnello tingesse di rosso la terra, era un ordine dello stesso Dio di consegnare alla morte suo figlio, eppure colui che portò a termine tale comando si coprì del Sommo Male, e guadagnò per sè la suprema condanna e punizione.
La storia segue un modello eterno, che ritroviamo esposto nell'Apocalisse di Giovanni, nella storia della Donna vestita di Sole.
Anche la Gerusalemme celeste ha dodici porte: sarà veramente eterna la città di Dio, o conoscerà anch'ella la fine del ciclo, il tredici del serpente?
Passando dalla storia divina a quella umana, un triste esempio di risveglio del serpente fu lo scoppio dell'epidemia di peste nera che colpì l'Europa medievale.
Dio non aveva ancora insegnato la medicina agli uomini, ma aveva fatto loro conoscere dodici diverse preghiere per tenere distanti dalle terre cristiane le malattie ed i malori.
La prima preghiera veniva recitata ogni giorno, all'alba, nella vecchia chiesa di Gotenborg; la seconda l’ora successiva nella cattedrale di S. Pietro a Riga, e via così a distanza d’un ora; la terza in una piccola cappella privata a Minsk, la quarta in un monastero di Kiev, la quinta nella chiesa che sorgeva sul sito dove poi fu costruita la chiesa nera di Brazov; la sesta in una piccola chiesetta, ora distrutta, a Tirana, la settima nella chiesa del San Salvatore a Enna; l’ottava a Sassari, dove veniva recitata nel soggiorno della casa della famiglia più influente della città; la nona nella chiesa di Santa Eulalia a Palma di Maiorca, che fu costruita appositamente, col cantiere che si avvolgeva attorno al gruppo di preghiera; la nona a Bordeaux nella cattedrale di S.Andrea; la decima veniva recitata davanti ad un capitello all’incrocio fra strade campestri nei dintorni di Le Havre, l’undicesima nella cattedrale di Norwich e la dodicesima a Londra nella chiesa di San Bartolomeo il grande.
Il vergognoso scisma causato dal veleno con cui Lutero accecò l’Europa fu soltanto l’esito finale d’una serie di incrinature che da tempo insidiavano il mondo occidentale; e fu tramite una di queste incrinature che questo sistema di protezione medico-religiosa venne meno. La chiesa di Brazov venne infatti distrutta dalle incursioni degli invasori mongoli nel 1242. Bastò che una delle dodici stazioni di preghiera venisse meno per lasciare al morbo nero libero ingresso nelle terre cristiane: era il tredicesimo secolo.
La chiesa di Brasov fu poi ricostruita con pietra nera, proprio per commemorare questo triste evento.
Un altro esempio ancora ci viene dalla rivoluzione francese. L'aristocrazia malata e decadente era ciò che restava d'un enorme circolo nazionale volto a mantenere l'equilibrio e l'ordine stabilito; ancora nel 1798 erano in carica sette Conti segreti e cinque Marchesi magici impegnati con la loro anima a mantenere in vita il puzzolente cadavere d'un regno ormai anacronistico.
Fu con la morte del Duca di Nemours che tale sorpassata protezione venne meno, e si ebbe finalmente il via libera per lavare e purificare nel sangue il vecchio regno malato - con gran gioia dell'affamato serpente.
Non è sempre agevole trovare la traccia della rottura del dodici dietro gli orridi banchetti del serpente; ma il ricercatore attento saprà trovarla dietro ogni grande massacro della storia, dalle guerre mondiali alle catastrofi naturali, dagli eccidi etnici agli incidenti lavorativi, come i crolli delle miniere.
L'occidente europeo vive attualmente in uno dei periodi di stabilità, se stabilità si può chiamare l'affannosa lotta per tenere nelle ipocrite profondità della terra il malvagio appetito del rettile.
Dodici stelle d'oro in campo blu proteggono Europa; ma quando una d'esse cadrà dal cielo come una stella cadente, si aprirà nel cerchio uno spiraglio, e il serpente antico potrà entrare e far scempio delle vite degli uomini fino ad esser ebbro del loro sangue - come una volpe che trovi un pertugio d'ingresso nel recinto d'un pollaio.

martedì 1 giugno 2010

Dio ingordo

Dicon che Iddio
si nutra di preghiere
ma è una bugia pietosa-
sarebbe infatti morto
di fame già da tempo!
Egli divora invece
le anime dei morti
(e spesso anche dei vivi)
e in quel banchetto orrendo
non frena l'appetito.

martedì 18 maggio 2010

Un ladro

Aveva messo a punto un procedimento chimico per estrarre il verde dalle cetonie dorate, il rosso delle peonie selvatiche, il blu nero dei fondali dei laghi alpini, il giallo dei ranuncoli, e così via.

Armato di queste magie aveva intessuto quadri in cui viveva la luce della natura, e con essi aveva ammaliato la critica artistica, aveva fatto innamorare moltissime donne, ed aveva fatto suo il rispetto degli uomini più spirituali.
Ma come punizione per il suo furto, ogni notte era condannato a sognare un inferno monocromo d'un bianco giallastro, sbiadito.

martedì 9 marzo 2010

Riposa in pace?

- Come sognano i morti?
- L'incubo non sa cos'è il risveglio;
l'illusione che non cede scampo
è più reale d'ogni sicurezza
e l'alba è più lontana d'un miraggio.

- Cosa sognano i morti?
- D'aver la vita sul palmo della mano
e non aver la forza d'afferrarla.

mercoledì 6 gennaio 2010

Per rinfrancar lo spirito tra un Gesù e l'altro

Il passo dei Vangeli in cui si dice "non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi" è un'interpolazione della Grande Chiesa, come l'intera storia del frutto della conoscenza.

Nessuno ormai sa che le perle non si fanno digerire dallo stomaco umido e grossolano dei suini; una volta ingerite queste rimangono invece al loro interno, agendo come veleno sottile, andando a trasformare la carne e gli organi del maiale stesso nel bianco splendore della perla.
Entro breve il veleno ha la meglio del maiale, ma la sua morte non lascia cadaveri: i pochi resti organici continuano infatti ad essere soggetti al processo di  perlificazione anche dopo il decesso!



Un porco perlifero