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sabato 2 gennaio 2010

Spina Christi (ovvero Un esperimento divino sul dolore)

Prologo

Erano ormai sette ore che camminavamo; quello che era un sentiero stentato si era pian piano perso in un intrico di sassi e rovi.
Davanti, molto davanti a me, camminava il custode, la mia guida: si voltava ogni tanto a guardarmi, e sembrava che fosse stato per lui quasi un sollievo se io mi fossi perso attardandomi addietro.
Arrivammo ch'era già iniziato il tramonto: il custode mi diede le chiavi e si sedette, caricando lentamente la pipa con un tabacco nero: non sarebbe entrato con me, sarei andato avanti solo.
La chiesa era piccola, più di quanto me l'aspettavo: una chiesa rurale, in pietra, con un campanile a vela ormai senza campane. Era appoggiata su una dorsale del monte priva di alberi e pareva dominare, non vista, la valle.
Mi era stato detto, in paese, che era ormai sconsacrata: in tempi non troppo passati v'era accaduto un terribile omicidio - un ragazzo era stato ucciso dal padre, proprio nel giorno della sua Prima Comunione.
Pugnalai con la pesante chiave la porta di legno secco; girai la chiave, e il chiavistello parve spezzarsi. La porta si aprì, e fui inghiottito dalla chiesa.
Accesi delle candele: la luce tremante faceva apparire lo spazio molto più grande di quello che prometteva l'esterno.
Quadri, quadri ovunque, quasi accavallati l'uno sull'altro alla parete - davano una vertigine sovraccarica, come le decorazioni di certe sinagoghe dell’est, schiacciate da millenni di preghiere.
Il custode mi aveva più volte ripetuto che i quadri datavano tutti all’anno zero; un semplice sguardo rivelava invece che erano stati dipinti in diverse epoche ed in diversi paesi, con le tecniche e gli stili più disparati.
Misi dell’incenso in un bruciatore, ed iniziai ad esaminare il primo quadro.

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