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domenica 24 gennaio 2010

La Lancia ed il Calice

Dicono che la Magia sia un'Illusione, e credono con ciò di affermare che la Magia sia niente, che essa non esista. Vi dimostrerò il contrario con un'illusione esemplare, un trucco dei maghi dei tempi antichi.

Il praticante dipingeva, o faceva tatuare, sul palmo della propria mano un'occhio;
Personalmente preferisco la mano sinistra, ma è una questione di inclinazioni- alcuni ne disegnavano uno per mano (con l'iride blu-celeste per la mano destra, e viola-lilla per la sinistra).



In maniera simile dipingevano, avvolto sul dito anulare, un serpente, d'un colore verde vivo, la cui coda posava sulla nocca del dito medio, sul dorso della mano, e la testa aveva le fauci spalancate, a divorare l'unghia.


La lingua del serpente, sull'unghia, veniva creata in rosso tagliando in due l'unghia con un coltello, o infilando violentemente una scheggia a punta sotto l'unghia, o con una lama arroventata: in questo modo la testa del serpente pulsava seguendo il ritmo del cuore e del respiro dell'illusionista, e ogni volta che il dito toccava un oggetto il dolore acuto richiamava l'intera anima del mago in quel punto, così come un rintocco improvviso di campana sveglia l'attenzione sopita dell'uomo distratto.
Similmente certuni ravvivavano il fuoco della pupilla sul palmo della mano con un punteruolo aguzzo, con una goccia d'acido, o con una punta arroventata.



Così, ponendo la testa del serpente come fosse una lancia fra gli occhi degli uomini ignari, gli illusionisti potevano violentare loro la mente, iniettando in essa pensieri, immagini o sentimenti; e coprendo col palmo della mano la fronte del malcapitato essi erano in grado di aprire loro l'anima come se fosse un libro, e leggervi i ricordi più nascosti, o addirittura rubare i loro pensieri, lasciando al loro posto il vuoto dell'oblio. (Pare che i più capaci riuscissero anche a leggere i sentimenti che gli oggetti assorbivano nel tempo dagli uomini con cui erano venuti in contatto; e in ugual modo riuscivano a caricare gli oggetti col fuoco dell'odio, colla concupiscenza, o con le carezze del perdono).




Ma la magia più terribile era chiamata 'l'artiglio del pettirosso': l'Artista stendeva il braccio contro la sua vittima, mostrando a questa la mano aperta - tutte le dita tranne l'anulare, ch'era invece chiuso, a toccare con la punta la pupilla sul palmo.



Chi veniva colpito da questa maledizione sentiva in un momento trapassate tutte le sue difese, come se una mano fredda, crudele, inumana, accarezzasse il suo segreto più nascosto, le corde della sua anima nascoste nel Santo dei Santi: un morso al collo, simile allo sguardo del falco sulla preda, un ago piantato nell'occhio, la pugnalata all'addome che fa sentire alla vittima il caldo del suo sangue prima ancora del sordo dolore.
E anche dopo passato quell'istante terribile l'anima così saccheggiata restava grigia, di pietra, spenta - come spogliata di sé stessa.

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