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venerdì 15 gennaio 2010

La deposizione

Spina Christi
13 - La deposizione

Un sottile cartoncino di 70 per 55 cm, graffiato da tratti essenziali - in cui ogni pennellata si riduce ad una scaglia di luce; il colore - forse tempere, ancora vive e lucenti- era usato alla maniera di quell'ottocento europeo che già iniziava a vedere oltre la superficie e le apparenze della realtà.

Su uno sfondo scuro, due figure diafane, quasi assenti, reggevano il corpo del Cristo ormai morto.
I due erano simili, quasi uguali si sarebbe detto - vestiti rozzamente, a malapena coperti da una tunica grigio-marrone, lo sguardo rivolto a terra; era uno strano connubio di tristezza troppo profonda e indifferenza, mancanza di coscienza. Il loro volto e la loro testa priva di capelli, rasata da poco, mostravano i tratti somatici delle popolazioni semite - ma essendo il capo reclinato in avanti, la loro faccia ricordava più una scultura d'ombre che un ritratto.
Sopra le spalle, appoggiato con entrambe le braccia attorno al collo dei due portatori, era Gesù, bianco come la morte, il suo respiro divenuto immobile, ogni suo muscolo pietra.
Persino le sue ferite, il suo sangue, era d'un grigio appena più scuro.

Osservato da distante, il quadro rivelava, attraverso la sua immobilità, la sua natura ed origine architettonica: i corpi dei due uomini erano disposti a formare la figura di una bifora (e la disposizione di ogni pennellata era disposta, orientata, ad esser fibra della struttura) e questa sorreggeva un arco ad unirla e proteggerla al tempo stesso - il Cristo.

Ma qualcosa non quadrava in questa apparente armonia; la chiave di volta infatti era troppo, troppo pesante per i due uomini, ed ogni loro passo in avanti sarebbe parso l'ultimo prima della caduta- la loro spina dorsale spezzata dall'immane carico.
Pareva che il buio intorno a loro urlasse, "Ricada su di voi il suo sangue!" Eppure le esili, umane figure, continuavano a reggersi in piedi, nonostante la condanna divina per una colpa che umana non era; com'era possibile?

Forse - ma è orribile pensarlo, e terribile dirlo - era il Cristo a sorreggere loro- come delle marionette mosse da un burattinaio.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

me piasi molto l'uso della parola diafano, per la sua dualità nel significato figurativo e strettamente etimologico.
no me piasi quando te usi ... "bianco come la morte"....
la figura finale della bifora è strettamente correlata con il fatto che in reatè è il Crist morto che sorregge...l'uomo, come la colonna nella stessa, sorregge l'arco centrale.
Del resto...in realtà, anche scientificamente, è il cielo che sorreggi la terra.

can sboldro ha detto...

ah perchè no bianco come la morte?
a me piace molto perchè mi ricorda un sacco di cose bianche dei miti dell'antichità legate in qualche modo alla morte... il lago della sorgente presso l'yggdrasil che tinge di bianco ogni cosa che in esso si bagna; i cipressi bianchi dei miti greci, ecc... lo stesso silenzio della neve...
anzi il silenzio stesso forse fatto sensazione.

Francesco

Anonimo ha detto...

se tutte "figure" .Bianche. Non legate alla figura della morte come rappresentazione della stessa.
non se rappresentazioni della morte come una figura bianca; ma solo de quello che collega ad essa e che evoca.
La rappresentazione della stessa non trova nulla de collegà al bianco.
Se invece vero che il modo che Porta alla morte se spesso collegado al bianco.Anche nelle figure storiche da ti citade.
...se comunque una mia idea...niente de più.

gaia ha detto...

A me ricorda invece, "il bianco pallore della morte", il bianco cadaverico dei morti..

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