Per ingannar l'attesa fra un post e l'altro

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venerdì 12 marzo 2010

La caduta di Roma

Sono sei mesi ormai che il Sole non benedice più la nostra terra; e sarebbe un tempo infinito, se solo il tempo significasse per noi qualcosa ancora.
Dicono che sia stato un uomo a spegnerlo, un uomo di grande potere; e che l'abbia fatto alla ricerca di poteri ancora più grandi, e che 'uomo' non sia più una parola che a lui si addica.
E ancora non si sa come abbia fatto, e se abbia usato l'arte della tecnologia, o qual'altro inganno: davvero la logica ha perso in noi la sua forza da quando la luce non bagna più il nostro spirito; e ci sembra uno strumento per muovere vuoti concetti, e per giocar con astrazioni.
Ciò ch'è certo è che il nostro vagabondare è vegliato dai freddi fuochi delle industrie; e le terre, e i mari muoiono, e debole è il nostro corpo, e certa la nostra fine.
Eppure, v'è un gruppo di uomini, ed è un gruppo che va crescendo, che guarda all'uccisore del Sole come se fosse un dio, e sostiene che egli abbia posto fine a una tirannia, e loda il suo empio gesto. E dapprima in segreto, ora nelle piazze, vanno cantando di come in loro sia la vera luce, e di come l'ombra, e le sue miserie, vengano da noi del vecchio mondo, da quelli che piangono l'antico Sole.
E i loro inni mi disgustano, e sembra che celebrino la vita, mentre tutto attorno a loro è morte, e la morte è in loro stessi.
Eppure, il loro perverso parlare sembra echeggiare nel mio profondo, un profondo che io stesso non conoscevo; e ciò mi spaventa, e mi spaventa la tentazione di diventare uno di loro.
Davvero, la logica ha perso il suo potere su di noi, da quando l'antico Sole è stato soffocato.




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