Non molti anni fa si tenne, in un teatro della capitale, un concorso per artisti.
Non c’erano limitazioni sulla forma dell’opera da consegnare: fosse una scultura, un ritratto, una canzone o una danza, l’importante era soltanto ch’essa sia dedicata interamente al Regno.
Per tre giorni fu una festa di colori e suoni, di allegria e di gloria per la nazione; la città era invasa dall’euforia, e gente di ogni luogo accorreva per vedere tale spettacolo.
Ma alla sera del terzo giorno giunse un artista del Nord, vestito di stracci, il volto nero di fame e i capelli unti dalla stanchezza; prese una fiaccola, e senza troppa enfasi, appiccò il fuoco al teatro.
Il Teatro, vanto della patria, in un attimo divenne incendio: e nella sera ormai scura era una luce terribile, un faro che sgomentava la folla, imponendogli il silenzio.
E mentre le guardie stavano accorrendo per arrestare l’artista, questi disse: “la mia opera si chiama Speranza: bruciando illumina, e illuminando si spegne”.
Il viandante del Nord fu giustiziato la mattina dopo, nella piazza della capitale: ma il Re non potè fare a meno di dargli il primo premio del concorso.
martedì 9 febbraio 2010
Storielle Grottesche - 5
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