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martedì 5 aprile 2011

"Privacy" - dietro la maschera dell'intimità


1. Una delle correnti psichiche che in questi anni soffiano sulle braci delle nostre preoccupazioni ed angosce è la questione della privacy.

Il termine si traduce, negli effetti pratici, in un'acuita, se non eccessiva, sensibilità all'intromissione altrui nella propria vita riservata. Ne è derivato un intrigo normativo con la funzione di tutelare (o meglio, di rassicurare) i segreti della vita intima di ognuno dai tanto temuti quanto indefiniti occhi indiscreti altrui. E' solo in apparenza un paradosso che da queste leggi protettive sia di fatto derivato un ulteriore aggravarsi della paura di veder violata la propria "privacy", fino a raggiungere livelli di paranoia patologici.

E' evidente che nella 'privacy' di tutti noi è contenuto un segreto così sordido da farci tremare all'idea che qualcuno ne venga a conoscenza.


Cosa può esserci di tanto fuori dalla norma e dalla morale comune nascosto nel cuore dell'uomo qualunque? Che genere di mostruosi segreti può nascondere una casalinga di mezz'età, o un giovane avvocato, un falegname prossimo alla pensione o un studente al primo anno di università?

Forse qualche amore infedele, un sentimento di ribellione, qualche imbroglio, o un attimo di bassezza dello spirito culminato in un atto di cui vergognarsi: banalità, banalità, nient'altro che banalità.

Abbiamo paura che qualcuno venga ad indagare nella nostra vita nascosta: ma poi, chi verrebbe ad indagare nei nostri piccoli e noiosi segreti? A che scopo impicciarsi nei nostri oscuri affari da poco conto?

Forse abbiamo paura che qualcuno scopra che anche nel nostro intimo siamo così banali? Che nel Sancta Sanctorum dei nostri segreti non c'è custodito che del ciarpame da quattro soldi? Lo nascondiamo agli altri o lo nascondiamo a noi stessi?



2. -OMISSIS-


3. Spesso si giustifica la rivendicazione della 'privacy' con la tematica del controllo: il governo, o le grandi ditte multinazionali, o qualche altra entità vista come malevola controlla infatti molto meglio una popolazione se la conosce, se è in possesso di molti dati dettagliati riguardo i singoli individui.
Ma conoscere il singolo individuo sarebbe una precauzione inutile: è molto più semplice ed efficiente conoscere il comportamento della massa, del popolo nella sua interezza.
La volontà della massa è molto, molto più malleabile dalle parole e dalle immagini rispetto a quella d'un individuo. 






Oltretutto esser conosciuti non ci mette in potere di chi ci conosce, vale anzi l'opposto. Conosciamo tutto della vita dei re, dei capi di governo e di chi ci comanda: ma non per questo possiamo alcunché contro di loro. E' proprio tramite il fatto che noi li conosciamo che loro possono comandarci (ciò a patto di non indugiare in quel genere di fantasie che vede dietro ogni evento della storia un potere occulto, celato dietro le quinte).
Di contro, si pensi al cittadino anonimo d'una delle tante città dell'Impero: pochi lo conoscono o sanno chi sia, ma non per questo ha più libertà d'azione. Anzi, proprio per questo conta ben poco nei giochi del potere.

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