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venerdì 17 dicembre 2010

Morte e rinascita delle idee


1. L'incendio di libri
Il primo compito di ogni nuovo regno è distruggere i monumenti del regno precedente. Forse solo lo storico, l'amante della Memoria piange questa perdita: per la popolazione le statue del despota caduto non hanno più alcun valore, se non per la soddisfazione che possono offrire nell'esser rovesciate e fatte a pezzi. Nemmeno l'artista si dispera della perdita di tali forme; si tratta, solitamente, di impressioni poco raffinate, create in velocità non sotto la chiamata interiore dell'arte ma sotto la sferza del comando e la lusinga del denaro.
L'arista che si trovi costretto a creare una statua di un regnante abbia l'accortezza di realizzarla non con il marmo ma col bronzo: la si potrà poi fondere ed il materiale non andrà sprecato!
Quando invece è una nuova cultura ad affermarsi, con l'impeto e forse anche arroganza propri della gioventù, emerge la necessità di materializzare la propria novità, la propria diversità, con un gesto eclatante e distruttivo verso il passato.
Il modo più conosciuto- e forse il più deplorato- di tale distinzione è l'incendio di libri.
Prendete una mela e chiudetela ermeticamente in una sfera di vetro; il tempo la renderà dapprima fiacca, poi marcia, le ruberà i colori e farà delle sue forme tondeggianti una poltiglia cadente. Tutto ciò che componeva la mela è ancora contenuto nella sfera di vetro, niente è fuoriuscito da essa; ma la mela è persa per sempre, e non esiste sostanza, reagente, medicina, incantesimo o preghiera che possa riformare la mela a partire da quel marcio cadavere.
Però se quella singola mela è perduta, di certo non smettono di esistere con essa le mele. Lo stesso vale per le idee che bruciano sulle pagine di quei libri: cadono come le foglie ai primi rigori dell'autunno, e se al vederle il nostro cuore si tinge di tristezza, sappiamo comunque che ritorneranno ad esser generate in primavera.
Così l'incendio della biblioteca di Alessandria brucia ancora con dolore nel cuore dei sapienti; ma quel che col fuoco è andato perduto del tutto è soltanto memoria storica, resoconti di fatti. Le idee particolari, le verità che erano state affidate ai libri che vennero divorati dalle fiamme provengono invece dal profondo dell'animo umano, sono come codificate nel sangue stesso dell'uomo, ed è li che sono custoditi e tramandati i tipi originari di esse, al riparo da ogni incendio.
Prendiamo ad esempio l'idea del dualismo: quand'anche riuscissimo a raccogliere e distruggere tutti i libri che ne parlano o che soltanto alludono ad esso, e mettessimo a morte tutti quelli che han studiato tale concetto, non passerebbe il tempo d'una generazione perchè rinasca in qualcuno l'idea del dualismo, con un intuizione che egli crede sua ma che in realtà è dell'umanità stessa, e tale idea 'nuova' si diffonderà con la massima velocità perchè è già tacitamente presente nel cuore di ognuno.
Certo, l'idea non sarà esattamente la stessa, così come nessuna foglia è uguale alle sue sorelle; ma distinguere foglia da foglia d'uno stesso albero, assegnando loro nomi e misurandone le differenze, è una scienza molto vicina alla pedanteria. Semmai potremmo vedere in quella differenza una sorta di progresso, così come l'evoluzione darwiniana muove il passo sfruttando le differenze fra genitori e figli.
Lo scorrere del mutamento che si perpetra dando alla luce un figlio presuppone la propria morte; così potremmo vedere l'incendio dei libri come una liberazione di quell'energia intrappolata nelle forme dei vecchi libri, a beneficio dei libri che stanno per nascere.


2. Il centro del cerchio
Si confrontino le forme delle varie macine per il grano primordiali escogitate dai popoli nelle prime fasi della loro storia: sono talmente simili da far pensare ad un'origine unica nel tempo e nello spazio, poi diffusasi con lo spargersi dell'umanità sulla terra. Ma tale ipotesi è difficile a sostenersi; anche qui è probabile che ogni macina primordiale sia stata 'inventata', come se fosse un'idea propria, in ogni era iniziale di ogni popolo da una persona più vicina degli altri alla sotterranea fonte dell'intuizione.
La macina si assesta in seguito nella classica forma circolare, ruotante sul centro.


C'è un altra idea che ricorre costantemente nella storia dei popoli, che si basa in fondo sulla stessa geometria: l'aristocrazia.
Una popolazione, una tribù, una nazione possono infatti esser ottimamente descritte, tramite astrazione grafica, dal cerchio: un insieme omogeneo interno, chiuso, protetto e distinto dall'indifferenziato esterno.
E' connaturato alla mente umana trovare e segnare col pensiero il centro di questo cerchio: è questo infatti il punto principale di esso, l'unico punto che conta e che si differenzia dagli altri possibili all'interno della circonferenza.
Il centro riassume in sè il cerchio intero, ne è il riferimento, il cardine attorno cui ruota tutto il resto, il punto d'equilibrio.
Se dunque il popolo è un cerchio, il suo centro ne è il capo, colui che lo comanda; e nella semplicità e purezza dei desideri nobili ed ingenui, questo posto di comando spetta al migliore del popolo.
Da un lato è la stessa essenza del popolo a creare l'aristocrazia per porla al proprio comando; dall'altro è questa a plasmare il popolo che l'ha creata, e in tal modo l'uno si mette a  servizio dell'altro, vicendevolmente.
Perchè questa bella idea non funziona, se non per breve tempo prima di degenerare? Da dove s'insinua l'inimicizia che sappiamo contrapporre il popolo alla nobiltà? Ebbene, avete mai visto un cerchio, un cerchio perfetto, in natura?
Provate a disegnare un cerchio con una matita, non vedete che differenza corre fra questo e la corrispondente idea geometrica?
Certo, vi si può trovare un punto che corrisponda pressappoco al centro; ma col tempo la rotazione attorno a questo punto inesatto comporterà delle forze di deriva che porteranno l'intero sistema ad un disequilibrio sempre più turbolento (Tutto questo discorso vale anche vedendo il cerchio come simbolo della singola persona: si mediti sulla locuzione 'personalità eccentrica').
L'instabilità infine scoppia nel fuoco violento delle rivoluzioni, o in quello più mesto dei cambiamenti; nonostante i nomi altisonanti, non si tratta in fondo di mutamenti epocali ma di semplici riassestamenti: cambi di persone, cambi di nomi di istituzioni, calibrazioni così sottili da rischiar di passare per banalità di fronte al rumore della battaglia che li ha introdotti.
E se anche il vecchio cerchio cadesse come una foglia in autunno, ne nascerà uno nuovo in primavera: un altro cerchio tracciato male, qualcosa che si approssima ad un cerchio, che non vivrà per l'eternità, ma che saprà durare fino al prossimo autunno - ed è il tempo che basta.


3 commenti:

can sboldro ha detto...

Da qui si può anche passare anche a quella macina per uomini che è l'orologio, che pure è basato sulla stessa forma del cerchio e del suo centro.

E' interessante ed indicativo che esista anche una macina a forma di clessidra!

Anonimo ha detto...

Sulla macina. Imprescindibile: IL MULINO DI AMLETO, Giorgio de Santillana.

Zimisce

Anonimo ha detto...

L'ho letto un paio di anni fa... tantissimi spunti interessanti, anche se l'autore sa essere d'un irritante incredibile!

mz

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