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venerdì 4 febbraio 2011

Due mani e un gesto

V'era un tempo in cui lo spirito camminava sulle vaste pianure della terra; fu in quel tempo che nacque e vide la luce un consacrato, e grande era lo splendore in quel fanciullo; prodigi annunciarono la sua venuta, pastori e greggi si prostrarono ai suoi piedi.
Venne dunque dall'Idumea un artigiano, il cui nome non arrivò mai a noi: v'è chi dice che fosse Edom in persona, Re bandito nel suo stesso Regno.
E stentò un inchino l'artista dinnanzi al fanciullo; e a malapena trattenne il sorriso quando il bambino s'accigliò malevolmente; ma questi trattenne le guardie dal percuotere lo straniero, e disse: "Di certo il tuo sguardo non è così vasto da ammettere l'immensità su cui s'affaccia; eppure anche per distruggere il vostro sguardo venni, e per donarvene uno nuovo, d'Abisso".
Davvero l'artigiano non capì le parole del figlio divino; sembrava soltanto intento a chinar la testa per celare il suo scherno. Disse infine: "Non distruggere il mio sguardo, giovane padrone. Ecco: ti ho portato dalle mie terre un dono". E mentre tagliava il silenzio con quelle parole, estrasse dalla sua sacca una statua, d'argilla, e un pennello, e dell'inchiostro.
Non avrebbe reso che pochi danari, al mercato, quel lavoro: era plasmato da mani inesperte, e crepe su di esso rivelavano un fuoco troppo violento nel forno del suo paese. E nonostante sul volto dell'artigiano vi fossero i segni della saggezza, con il pennello non fece altro che tracciare una lettera, Shin,

sulla fronte del feticcio; e una goccia che colava sembrò fatica e sudore, lagrime nere.
Di nuovo si mossero le guardie per scacciare l'uomo: ma se ne andò da solo, mestamente, e sembrò che quel mattino mai nessuno fosse venuto in visita.
Disse infine il bambino all'idolo: "Questa piccola mano che ora stringo in un pugno, questa tenera porzione di tremenda eternità, sarà spada per voi immagini antiche, distruzione di quanto fu già scritto".
Rispose la statua: "Di terra e sangue è il tuo soffio di vipera; sulla terra e sul sangue poggia il tuo trono".
Tuonò il fanciullo! "Infame abominio! Opera stolta! Non vedi la legge nuova che io porto, il fragore della rivoluzione?"
E spiegò la legge nuova fino a sera, e le guardie si prostrarono ai suoi piedi, in meraviglia. Ma sorrise soltanto l'abominio, sorrise soltanto: quelle nuove verità le aveva udite da tempo sulla bocca di infinite albe, infiniti tramonti.
E fu colmo d'ira il cuore del bambino, e in quell'ira traboccante levò il pugno, mandò in frantumi il dono: oracolo dei secoli a venire.
Ma accadde che una scheggia della statua si conficcò sotto l'unghia rosata del principe, e restò lì sino alla sua morte, tormentandolo di dolori, e d'infezioni: oracolo dei secoli venturi.

1 commenti:

can sboldro ha detto...

A mia discolpa posso dir che sè una roba scritta in giuoventù, penso sei o addirittura sette anni fa.

Adesso struttureria diversamente la storia - più raggi laser ad esempio; el bambino prodigio lo faria alto 16 metri e in una lega de acciaio e cadmio; magari alla fine quando el bambino rompi l'idolo se scopri che l'idolo iera un rettiliano de David Icke.
Scriveria anche qua e là "forma-pensiero", ogni tanto, giusto per darme un tono.

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